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Arresto cardiaco, compressioni toraciche profonde possono prevenire danni cerebrali

Secondo uno studio presentato al congresso ESC 2020, in caso di arresto cardiaco le compressioni toraciche profonde riducono al minimo il rischio di danni cerebrali, nonostate spesso non vengono utilizzate perché possono creare danni, come ad esempio fratture alle costole.

European Society of Cardiology (ESC) è un’organizzazione internazionale indipendente e senza scopo di lucro.

I membri di ESC, che conta oltre 95.000 professionisti nell’ambito della cardiologia, offrono volontariamente il loro tempo e la loro esperienza al fine di condividere informazioni, effettuare studi, adottare tecniche e strumenti per rendere più efficaci le cure mediche.

ESC Congress è il più grande congresso al mondo di medici e professionisti cardiovascolari che contribuiscono alla consapevolezza globale degli ultimi studi clinici e delle nuove scoperte scientifiche.
ESC Congress 2020 si svolge online dal 29 agosto al 1 settembre.

Secondo la Dr.ssa Irene Marco Clement dell’Ospedale universitario La Paz, Madrid, la compressione profonda del torace è utile perché rende migliore flusso del sangue verso il cervello e in generale riducendo sensibilmente i danni al cervello stesso e mantenendo le funzioni cerebrali.

La ricercatrice ha esaminato l’impatto di questa particolare tecnica per quanto riguarda il profilo neurologico su vari sopravvissuti agli arresti cardiaci. La ricercatrice ha valutato in particolare le lesioni correlate alle compressioni toraciche profonde.

Il periodo oggetto dello studio va dal 2006 al 2020, e si riferisce a vari pazienti ricoverati nei reparti di assistenza cardiaca dell’ospedale in seguito a eventi di arresto cardiaco.

I pazienti presi in esame sono 510, con età media di 63 anni e l’81% di essi era maschio.

La ricercatrice ha notato innanzitutto che in questo periodo è aumentato l’uso di defibrillatori automatici e semiautomatici esterni (DAE).

Dal 2010 è aumentata la percentuale di lesioni legate alle manovre di rianimazione cardio-polmonare (RCP): 12,7% nel 2006-2010, 23,5% nel 2011-2015, 22,7% nel 2016-2020 (p = 0,02).

La sopravvivenza e il risultato neurologico sono migliorati in modo significativo durante lo studio di 14 anni.

I soccorritori laici tra i cittadini sono cresciuti nel tempo, così come la loro formazione grazie ai corsi di primo soccorso e BLSD.

In pratica lo studio evidenzia che per essere maggiormente efficaci, è necessario effettuare compressioni profonde, anche se questo implica qualche lesione, come ad esempio la rottura di qualche costola.

Nell’articolo ufficiale dello studio https://www.escardio.org/The-ESC/Press-Office/Press-releases/Deep-chest-compressions-prevent-brain-damage-during-cardiac-arrest non viene fatto riferimento a quanto le compressioni devono essere profonde.

Presupponiamo che intenda nel rispetto delle line guida internazionali che indicano una profondità nell’adulto di 4-5 cm, sottolineando il fatto che compressioni di 3 cm siano poco efficaci anche se diviene improbabile recare lesioni durante le manovre di soccorso.

Nel caso in cui il soccorritore non professionista durante un massaggio cardiaco si accorga della rottura di una costola, e di istinto oppure in modo ragionato, modifichi le compressioni con una profondità inferiore per non fare danni, in realtà risulterà decisamente meno efficace e le conseguenze potrebbero essere ben peggiori.

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